mercoledì 11 giugno 2008

LO STATO MOLESTO?

Quando la laicità dello stato diventa un discorso sterile distaccato dalla realtà dello strato sociale non si ottengono risultati di sorta.

ieri sera ho partecipato più o meno passivamente ad un convegno sulla laicità organizzato in vista del gaypride 2008. Il titolo era illuminante: "il posto delle chiese" come sottotitolo il ruolo delle religioni nella sfera pubblica.

Mi aspettavo gli intellettuali promessi nel programma tra cui un islamista e sociologo khaled fouad Allam, un matematico Piergiorgio Odifreddi e invece si sono presentati solamente una teologa valdese (Maria Bonafede), un vignettista (Sergio Staino) ed un filosofo (Paolo Flores D'arcais). Quindi il lato intellettuale del discorso era già messo a rischio da una rappresentanza esigua della categoria. Pazienza mi sono detto che ormai ero lì e poteva pur sempre essere interessante, decido quindi di rimanere.

Senza nulla togliere alla simpatia di Sergio Staino (anche la mia portinaia è simpatica ma non si mette a fare convegni sulla laicità) che ha aperto il discorso con una serie di aneddoti -per altro persino divertenti - sulla sua vita tracciando un percorso - abbastanza fuori tema per alcuni versi- sui suoi rapporti familiari e lavorativi nel corso degli anni. Niente di piu' noioso per me che non ho un culto personale per il vignettista, quindi lo show "tutto su Sergio Staino" non era convegno a cui avrei voluto partecipare.

La presunta affinità elettiva tra la sua regione natia- la toscana- e la laicità non mi ha convinto molto, così come era claudicante il discorso sulle vignette satiriche, si poteva dire molto di piu' anche alla luce di fatti attuali sulle irriverenti "vignette anti-islamiche" e sulla strumentalizzazione politica che se ne fa, sia da una parte - quella dei muezzin- sia dall'altra quella dei "laici libertari" .
le vignette satiriche
Il discorso poi è molto piu' interessante se si considera il contesto di tali vignette, i loro autori (tutti molto diversi, alcune vignette sono valide e appartengono appunto a quel sistema di cultura della derisione del potere che si deve salvaguardare, altre sono strumenti per una propaganda politica di destra chiusa e asfissiante). Non si può quindi solo parlare del caso personale e delle vignette che si fanno in italia sul papa perchè questo discorso non riguarda solamente l'italia, anzi riguarda sempre piu' tutti gli stati membri dell'Unione Europea, e comunque non riguarda solamente la religione cattolica.

Ciò che maggiormente mi ha lasciato perplesso era il titolo, questo "posto delle chiese nella sfera pubblica" è interessante da analizzare. Anzitutto perchè non esistono solo chiese ahinoi, esistono moschee, esistono sinagoghe, esistono templii buddisti, e comunque chiese rimanda in Italia ad una sola ovvero quella cattolica, ma ci sono anche le chiese protestanti, le chiese valdesi e quant'altro.. E poi qual'è questo posto? E' piu' giusto semmai parlare di piu' posti, quelli che si sono presi nella sfera pubblica appunto, onnipresenti in ogni discussione politica, complice la connivenza con un sistema politico che ha gli stessi rappresentanti da 30 anni, e tutte le altre religioni vogliono anche loro "giustamente" una fetta di queste distribuzioni di potere, tra vari concordati e servilismo confessionale dello stato.

Insomma non si può piu' dare tutta la colpa alla chiesa cattolica, anche perchè il nostro strato sociale è cambiato negli ultimi anni ed è destinato a forti mutamenti, non si può piu' parlare di uomo bianco cattolico bensì di una sempre maggiore apertura alla multietnia e a tutte quelle persone che provengono in flussi migratori da luoghi con sistemi politici spesso totalitari e religiosi (teocrazie come l'iran o arabia saudita) o dove le libertà individuali sono appena rispettate. E' notizia recente quella del divieto di infibulazione femminile in Egitto.


Quindi abbiamo detto non una sola chiesa, ma vediamo anche quel "... il ruolo nella sfera pubblica" poichè è impensabile ragionare solo in sfera pubblica e non in quella privata, è un inganno una truffa perchè i confini sono labili. Il grande paradosso di una democrazia liberale è quella di indietreggiare di fronte a temi di libertà individuale però legiferando, e quindi in realtà intervenendovi seppure per lasciare spazio alla persona di scegliere in materia.

Alla mia domanda al filosofo Paolo Flores D'Arcais "qual'è il limite della laicità sulla sfera delle libertà individuali" lui mi ha risposto che non capiva, la domanda per lui non era da porsi perchè indossare un costume, una "divisa" (si parla di velo, di croci, etc) fa a pugni con la cultura laica che deve reagire impedendo che questo accada con una forza pari o maggiore. Insomma questo Aout Aout o con il velo o contro non mi ha convinto per nulla. Anzitutto di islam (se parliamo di islam, ma possiamo benissimo fare il discorso con ogni religione) ce ne sono diversi, non è un monolite e quello moderato non è quello fondamentalista. Perchè quindi mi pongo il problema se quel velo alla studentessa francese devo toglierlo o meno, perchè per quanto mi possa o meno infastidire, per quanto sia (nel contesto europeo odierno) un simbolo di allontanamento dai miei valori irreligiosi, io non posso interferire sulla sua libertà individuale.

Se per la sfera pubblica non ho nessun dubbio sul liberare i luoghi di tutti da elementi religiosi per quella privata la mia coscienza laica si ferma. Nello stesso modo in cui le leggi sono fatte senza tenere conto dell'esistenza di Dio (in una laicità che non è L'italia) i simboli religiosi devono rimanere in quel posto adatto ad una sfera individuale e personale, intima come la religione. (Ricordo la plateale conversione di coscienza di Magdi Allam in diretta tv direttamente da Benedetto XVI)

Però il problema rimane. E' giusto impedire ad una persona di indossare i suoi status symbol religiosi? Non dovrei anzi rendere possibile che scelga se indossarli o meno, ma sono fatti suoi se decide di preferire una fede religiosa a dei valori laici? Perchè D'Arcais dice "non esiste un laicismo solo, ne esistono molti e non si può parlarne come se fosse il sostituto di un Dio perchè non lo è" e poi mi risponde "il problema non si poneva quando la gente aveva solo una catenina con la croce ma c'è ora con le altre religioni". E quindi? Lo scontro non è piu' tra cattolici e non cattolici, ma tra religioni vs laicità? Ricorda tanto chi invece fa lo stesso discorso tra cattolici e islamici. O da una parte o dall'altra, e si risponde al fuoco con il fuoco.

ciò che è peccato non è reato
Scegliere quindi di stare tra i laicisti o contro di essi. Peccato però che tra i valori occidentali non esista solamente la distinzione tra stato e chiesa. E' bene non dimenticare le numerose battaglie per i diritti individuali e civili.

La mia coscienza io ateo, laico se vedo un mio compagno di università con una croce, o vestito come un monaco buddista dovrei dirgli: "toglitela!" Non lo farò mai. Naturalmente mi infastidirà quell'esibizione religiosa perchè significa che sono simboli contro tutto ciò che difendo io: l'aborto, la ricerca sulle staminali, le libertà sessuali, di pensiero di parola, di studio (si veda il creazionismo americano ad'esempio), di associazione, l'eutanasia, le unioni civili e via via.. e portano sempre sulla loro pelle il loro sacrosanto diritto di essere in disaccordo con me. Sarebbe ipocrita da parte mia fingere che non mi interessa, che non mi tocca, che ne sono al di fuori. Mi infastidisce - lo ammetto- se vedo delle suore, o della gente che esibisce la sua fede perchè una società secolarizzata seppure credente lo potrebbe fare senza il bisogno di sponsorizzarsi pubblicamente. Concepisco e accetto la libertà religiosa quand'è individuale, quand'è reclamizzata pubblicamente si espone alla mia critica laica, e posso solamente tollerarla, ma non accettarla. Perchè per me sarà sempre qualcosa di negativo.

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